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Bail in: le tutele per proteggersi da un fallimento bancario

Bail in: le tutele per proteggersi da un fallimento bancario

Bail in: le tutele per proteggersi da un fallimento bancario

 

Tra il 2001 e il 2016 i crack finanziari hanno trascinato nel baratro oltre 1,2 milioni di italiani per un ammontare di circa 44 miliardi di euro investiti in azioni, obbligazioni e altri titoli; di questi, una parte sostanziosa, quasi 16 miliardi di euro, ha riguardato i risparmi di soli 218.996 piccoli investitori (circa un sesto del totale) tra il 2015 e il 2016. Si tratta degli sfortunati clienti Veneto Banca, Banca Popolare di Vicenza, Banca Marche e Banca Etruria incappati nei dissesti delle banche stesse. Contemporaneamente a ciò è entrata in vigore il Bail-in, la normativa europea sui salvataggi bancari, e moltissime persone hanno cominciato ad associare sistematicamente la solidità del proprio istituto alla possibilità dello stesso di prendere in ogni caso i loro soldi per sanare gli ammanchi; ma fortunatamente, le cose non stanno proprio così.

 

Il Bail in: cos’è e come funziona

Il Bail-in (“salvataggio interno”) è uno strumento previsto dalle recenti norme europee sulla gestione delle crisi bancarie. Quando gli altri strumenti di gestione della crisi non sono in grado di prevenire il dissesto dell’istituto, le autorità nazionali di risoluzione possono decidere di utilizzare una “terapia d’urto” che consiste nella riduzione o nell’azzeramento del valore delle azioni della banca e di altre categorie di strumenti (come le obbligazioni) per assorbire le perdite e dare alla banca nuove risorse per funzionare.

Il bail-in segue infatti una scala di responsabilità, è previsto che sia chiamato a pagare i conti  prima chi detiene strumenti più rischiosi, poi gli altri, con l’esclusione di alcune tipologie di strumenti. Solo dopo che il bail-in ha “bruciato” tutte le somme che sono state investite negli strumenti finanziari dalla categoria più rischiosa si passa agli strumenti finanziari della categoria successiva.

Nello specifico in primo luogo si sacrificano coloro che detengono titoli di proprietà della banca, ossia gli azionisti, riducendo o azzerando il valore delle loro azioni. Se non basta il sacrificio degli azionisti, sono chiamati a pagare i possessori di obbligazioni “subordinate”, cioè i creditori che hanno concesso il loro risparmio alla banca sottoscrivendo le obbligazioni più rischiose, tali titoli possono infatti essere trasformati in azioni. Se non basta nemmeno questo, sono chiamati a pagare anche i possessori delle obbligazioni ordinarie (cioè quelle dette senior).

Nel caso in cui neanche questo basti, saranno coinvolti i conti correnti di importi superiori ai 100 mila euro, solo per la parte che supera la suddetta cifra.

 

Quali strumenti sono al sicuro dal bail in?

Sono esclusi dal bail-in i conti correnti fino a 100 mila euro, cioè quelli protetti dal Fondo di Garanzia dei Depositi che protegge le somme sul conto corrente, il libretto di deposito e certificati di deposito. Sono sempre esclusi dal bail-in tutte le forme di debiti della banca che sono garantiti da una parte del patrimonio della banca espressamente accantonata per questo scopo, come le obbligazioni garantite (covered bond); tutti beni dei clienti di cui la banca non ha possesso ma amministra , come i titoli di altre società, dunque azioni, obbligazioni, certificati, fondi comuni, Etf e altri strumenti che sono sul conto titoli dei clienti; i debiti verso i dipendenti, i debiti commerciali e quelli fiscali della banca, se sono stati segnati come tali nell’ambito delle regole sui fallimenti, e le cassette di sicurezza.

Tuttavia le autorità nazionali, con l’approvazione della Commissione europea, possono decidere comunque di escludere dal bail-in anche i conti e i depositi per le somme che superano i 100 mila euro per evitare di scatenare il panico e preservare la stabilità del sistema finanziario.

 

Per non cadere nel Bail in basta pianificare

Ora che è chiaro che a rispondere degli ammanchi della banca con i propri soldi sono coloro che hanno in pancia i titoli della stessa e in via residuale i depositi superiori a 100 mila euro è chiaro che non basti avere un conto corrente in un istituto in crisi per vedere evaporare i propri soldi, bisogna proprio aver deciso di comprare azioni e obbligazioni di tale banca; Certo, rimane aperta una questione etica: è giusto punire chi non è responsabile del dissesto della banca, ma che al contrario con le sue risorse la sostiene? Da una parte no, ma l’alternativa sarebbe far pagare a tutti i cittadini che con tale banca non avevano nulla a che fare, e in ogni caso prima di arrivare a tali misure, come già detto, ce ne sono molte altre per salvare i conti, ma soprattutto un normale risparmiatore che tiene sul conto la giusta quantità di soldi, quindi ben al di sotto dei 100 mila citati, e investe correttamente diversificando per categorie di strumenti, settori ecc. troverà in ogni caso se non impossibile, quanto meno improbabile trovarsi in queste spiacevoli situazioni

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