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Mercati di Settembre 2018

Per gran parte del mese è sembrato si andasse verso un progressivo rientro delle tensioni sui mercati, mentre nell’ultimo periodo si è riaffacciato un conflitto commerciale tra USA e Cina, si conferma il ciclo positivo dell’economia statunitense e non ripartono le economie emergenti.

 

Sul fronte del protezionismo, in modo inaspettato e improvviso, la retorica che ha contraddistinto lo scontro sul commercio internazionale e sui dazi sembra aver oltrepassato il confine di tattica negoziale aggressiva: Trump ha imposto nuovi dazi per 200 miliardi di dollari sulle importazioni cinesi e dal canto suo la Cina ha disposto 60 miliardi di dollari di importazioni dagli USA.

Tali cifre appaiono formidabilmente alte, tuttavia il mercato le ha valutate positivamente perché si tratta di aliquote minori alle attese, ma la questione non è ancora risolta in quanto non è ancora stato trovato un accordo risolutivo tra le due maggiori economie mondiali.

 

Prosegue anche la fase positiva per l’economia statunitense: al momento il tasso di disoccupazione USA è il più basso degli ultimi 50 anni, le imprese hanno beneficiato di sgravi fiscali e l’aumentato la produttività, segno che le aziende stanno cercando di ottenere sempre di più dal loro personale; verrebbe da chiedersi se ormai l’America non si trovi in una fase di ciclo economico ormai maturo o se possa continuare ad apportare valore.

 

Seppur molto dipendente dall’economia USA, l’Europa si trova invece in una fase di ciclo meno avanzata e pertanto ha ancora margini di crescita. Gli elementi a favore dei titoli europei possono essere le crescenti aspettative sulla redditività delle imprese e le previsioni di un euro relativamente debole.

 

Al contrario la Cina, altro motore dell’economia mondiale, sta rallentando. Le autorità cinesi si stanno impegnando a migliorare la qualità della crescita economica, ridurre l’indebitamento ed eliminare i produttori inefficienti, tutti elementi che promettono bene per il futuro, ma che al momento attuale hanno frenato il ritmo di crescita del Paese, bloccando anche le economie asiatiche più vicine e legate alle vicende cinesi. È andato male anche un altro gigante mondiale: l’India, il cui andamento negativo è dovuto soprattutto al reparto delle società finanziarie.

 

Il miglior mercato a livello globale si è rivelato l’azionario giapponese, seguito da quello delle materie prime, e in particolare hanno avuto performance favorevoli i metalli industriali e il greggio, supportato dal calo delle scorte negli USA e dai timori per gli effetti delle sanzioni all’Iran sull’offerta di petrolio. 

Positivi anche i mercati valutari: abbiamo infatti assistito ad un tentativo di recupero dell’euro nei confronti del dollaro e le valute emergenti finalmente si sono un po’generalmente apprezzate, anche grazie all’atteggiamento proattivo di alcune Banche Centrali.